mercoledì 16 marzo 2011

Come farsi rifiutare un racconto da Altrisogni

Come farsi rifiutare un racconto da Altrisogni? Oh, non è affatto difficile. 
Spediamo lettere di rifiuto ogni volta che un racconto di per sé mediocre è anche piagato da errori banali. Il fatto è che esistono errori commessi dagli aspiranti autori che condannano un racconto alla non pubblicazione in modo quasi automatico. Ci sono sviste, mancanze, lacune, che portano alla lettera di rifiuto. A volte basta molto poco per fare la differenza. Altre volte si rende necessaria la padronanza di regole che dovrebbero essere elementari ma che in realtà… non lo sono per niente.
Ecco qui di seguito i principali problemi riscontrati nelle decine di racconti che Altrisogni ha rifiutato, e i consigli per risolverli.

Joaquim Phoenix che interpreta Commodo in Il Gladiatore
rende bene l'idea dei sentimenti che pervadono la redazione certe volte.





Chi legge poco scrive male
Gli autori che leggono poco scrivono davvero male. E si sente. Leggiamo molto, solo così potremo essere padroni delle regole della narrazione e dello stile. Ma non limitiamoci ai grandi nomi: Altrisogni esiste perché horror, sci-fi e weird stanno vivendo un momento di rilancio nel nostro Paese. È il caso di leggere la produzione nostrana – e non solo quella di Altrisogni. Cerchiamo raccolte, antologie, riviste ed ebook. I fumetti non bastano. I telefilm non bastano. Gli anime non sono sufficienti. Bisogna “assorbire” la narrativa.
Scrivere è faticoso ed è un mestiere che richiede preparazione: ciò significa leggere anche narrativa di genere. Uno scrittore che non legge il genere di cui vuole scrivere è come un cantante che non ascolta musica del genere che vuole fare. È condannato a fallire, perché non ha i riferimenti “culturali” necessari per costruire al meglio la propria opera.
Allo stesso modo, se vogliamo inviare un racconto ad Altrisogni è impensabile non aver mai letto la rivista.
Fin troppi racconti giunti in redazione denotavano una scarsissima conoscenza dei generi da noi trattati. Magari erano anche racconti ben scritti, ma risultavano scialbi, deboli, poco incisivi, legati al genere di riferimento in maniera troppo labile. In molti casi, questo ha fatto la differenza tra la selezione e il rifiuto.

Gli autori presuntuosi hanno carriera breve
La presunzione, nell’esordiente, è un peccato mortale. Siamo davvero sicuri di riuscire a migliorare una storia che ha già appassionato migliaia di lettori? Vogliamo davvero narrare l'ennesima vicenda d'amore tra un vampiro e una mortale? O un'altra avventura con l'agente governativo freddo e risoluto e la ragazza con poteri speciali? Forse ce ne sono già troppe. Non basta pescare nel grande calderone del fantastico, serve originalità. Perché altrimenti è come propinare ai lettori sempre la stessa minestra. E Altrisogni è un ristorante che cerca di essere raffinato: vogliamo solo i piatti migliori, sempre diversi.
Molti componimenti spediti ad Altrisogni si ispiravano pesantemente a storie, racconti, saghe già viste in molte salse. Alcuni sono stati pubblicati, è vero. Si è trattato di quei racconti che presentavano anche forti elementi di originalità oppure che erano scritti particolarmente bene. Tutti gli altri, invece, hanno ricevuto una lettera di rifiuto. Facciamo uno sforzo creativo in più: non seguiamo la strada del “già letto”.

Le cose che insegnano a scuola servono solo in parte
Alla base del saper scrivere c’è sempre la conoscenza della lingua. Gli errori, le sviste, le mancanze più grossolane sono spesso quelle relative alle regole fondamentali dell’Italiano. La presenza di “d” eufoniche, l’uso improprio della punteggiatura, i dialoghi retti da simboli e regole sbagliate, sono piaghe sempre presenti nei racconti che vengono scartati. Soffermiamoci un attimo sulle “d” eufoniche, che rappresentano una specie di caso-limite.
In lingua italiana comune, infatti, le “d” eufoniche nelle forme “ed” e “ad” si possono utilizzare ogni volta che una parola comincia con un’altra vocale, come nel caso di “Ed ora” o “Ad opera di qualcuno”. In campo editoriale, invece, le “d eufoniche” nelle forme “ed” e “ad” sono ammesse soltanto quando precedono una parola che comincia con la medesima vocale, come nel caso di “Ed era stato lì…”, “Continuò ad avanzare”, “Andare ad Asti”, “Necromante ed evocatore”. Sono da evitare in tutti gli altri casi. Perché? Perché si tratta di un modo pesante di scrivere, un po’ obsoleto e ridondante, tanto da risultare sbagliato “all’orecchio” di chi legge. Unica eccezione a questa regola editoriale sono le espressioni “Ad esempio” e “Ad ogni modo”, che vengono accettate.
Certo, questi sono tutti elementi sui quali un editor interviene senza problemi, ma cerchiamo di eliminarli noi stessi dai nostri racconti! Se inviamo un racconto scritto male dal punto di vista della forma, l’attenzione di chi legge si “arenerà” su quello e non verrà catturata invece dai contenuti.
In redazione giungono spesso racconti che sembrano scritti da adolescenti o ragazzini delle scuole medie. Se fosse davvero così, si potrebbero comprendere molte cose e molte altre potrebbero essere accettate e ammesse. Purtroppo, l’età media degli autori è più alta. Si tratta almeno di ventenni che – immagina lo stolto redattore – dovrebbero avere un’istruzione da Scuola Secondaria Superiore. Per tutti gli Dei dell’Editoria! Se uno vuole fare lo scrittore, si presuppone che conosca le basi della sua arte, no? Ebbene, se un giorno noi di Altrisogni dovessimo stendere una statistica, scopriremmo che il 95% dei racconti scartati è scritto male. Molto male.

Gli errori di sintassi
Gli errori di sintassi possono condannare a morte un racconto. Imparare a strutturare correttamente una frase, a seconda dello stile che vogliamo tenere, è fondamentale. Ma per far questo è necessario padroneggiare le regole della nostra lingua. L'Italiano è un linguaggio ricco, espressivo e versatile. Imparare a costruire bene le frasi è tanto importante da costituire un requisito fondamentale per uno scrittore. Se iniziamo ad annoiare il lettore a partire dalle singole frasi del nostro racconto, questi abbandonerà subito la nostra opera… Proprio per questo Altrisogni non pubblicherà mai un racconto che non si lascia leggere. L'equazione è molto semplice.
Alcuni dei racconti da noi rifiutati avevano costruzioni sintattiche aberranti. Non “sbagliate”, bensì proprio “aberranti”. Frasi che sfidavano le regole della lingua, con disprezzo. La scrittura senza fondamento, quella che denota solo impreparazione, verrà respinta senza appello. La scrittura sperimentale non potrà trovare spazio sulle nostre pagine: ciò che cerchiamo è un buon racconto scritto in un italiano formalmente corretto e comprensibile. E quando diciamo comprensibile intendiamo “comprensibile da chiunque”.  Voi, da lettore, acquistereste mai una rivista contenente racconti che non riuscite a comprendere?

Il bilanciamento è importante
Il bilanciamento tra gli elementi di un racconto è un fattore importante. Se scriviamo una storia dell'orrore non possiamo lasciare gli elementi "forti" solo alla fine del racconto, relegati nell'ultima frase, a meno che non siamo in grado di produrre un finale a sorpresa tale da far srotolare le calze di chi legge. Certo, spesso – non sempre – i racconti horror brevi fanno paura solo alla fine, ma la storia deve essere ben strutturata e costruita per giungere a quell’inquietante effetto finale. Oppure, ben bilanciata. E questo vale per tutti i generi. Cerchiamo di dosare gli elementi forti del nostro componimento. Limitare un dialogo a un paio di battute soltanto è uno spreco, come sarebbe sbagliato limitare a un paio di righe gli elementi d’azione di un racconto che parla di uno scontro con una razza aliena.
Sembrano cose superflue, ma molti racconti che arrivano ad Altrisogni risultano sbilanciati se non addirittura tronchi. Alcuni hanno finali che non “fanno esplodere” la narrazione, altri ancora sono soltanto sbrodolate introspettive del personaggio e descrizioni di dettagli assolutamente ininfluenti. La richiesta di modifiche più frequente che facciamo ai nostri autori è quella di “asciugare” il racconto: tagliare, ridurre, snellire. Sarà un caso? No. Non lo è. È una specie di tendenza: l’autore dilettante è spesso presuntuoso e ritiene che dalle sue dita sgorghi l’arte pura. Errore. Grosso e grossolano errore.

A morte i puntini di sospensione!
I puntini di sospensione, i tre puntini, dovrebbero essere ridotti al minimo. Nei racconti dovrebbero avere la stessa presenza di una specie in via di estinzione. L’autore dilettante – e presuntuoso – ritiene di riuscire a rendere l’enfasi e il trasporto emotivo troncando le frasi con i puntini di sospensione. In realtà ottiene solo l’effetto di troncare la pazienza di chi legge. I puntini di sospensione dovrebbero essere quasi sempre sostituiti dal punto fisso. In alcuni casi dal punto esclamativo.
Possono restare nei dialoghi, ma con la dovuta parsimonia e attenzione. Spesso, quando parliamo, noi chiudiamo le frasi con un punto, anche se ci sembra che i puntini siano presenti. E quando qualcuno ci interrompe, non abbiamo i puntini di sospensione, ma un’elisione, una troncatura. Che possiamo rendere con un segno “-” dopo l’ultima sillaba pronunciata. Perché? Perché i puntini prevedono che passi del tempo dopo l’ultimo suono ma, se veniamo interrotti, questo tempo non c’è.
Nel testo narrante, nelle descrizioni, nelle scene d’azione, i puntini di sospensione non devono esserci. Punto. E mai – MAI – inserirli a metà di una frase. Evitiamo come la peste di scrivere cose del tipo “Guardando verso l’alto vide… una stella” oppure “era una creatura… incredibile!”.
Se proprio dobbiamo usarli, ricordiamo una cosa fondamentale: i puntini sono sempre e soltanto tre, nella forma "...".


Stiamo attenti ai nomi e alle ambientazioni
Facciamo attenzione ai nomi dei personaggi e agli elementi dell’ambientazione. Quando i nostri genitori ci hanno dato un nome, lo hanno fatto con molta attenzione. E hanno scelto il nome in base ai loro gusti, non perché pensavano a un buon nome per un ingegnere, una dottoressa o un poliziotto. Evitiamo la tendenza – in voga nel fantasy – di dare ai personaggi nomi che rispecchino la loro personalità. Inoltre, i nomi dovrebbero essere legati all’ambientazione. Se abbiamo un racconto con protagonisti degli alieni, perché dovrebbero avere nomi in latino? Se scegliamo una storia ambientata in Giappone nel 2010 perché i nostri protagonisti dovrebbero chiamarsi con nomi americani?
I nomi sono fondamentali e se un autore non ci spende la dovuta attenzione e fatica il lettore se ne accorgerà. Pensiamo alla realtà: non è il nome a fare il cattivo, ma le sue azioni. Tra i cattivi peggiori della nostra storia abbiamo avuto un Adolfo, un Alì (detto Il Chimico per le sue azioni) e un Joseph. Niente Gorbrighar o Slayer, chiaro?

Diamo aria al racconto
Evitiamo di scrivere sbrodolate da 30.000 caratteri senza alcuna interruzione. Molto probabilmente quello che abbiamo scritto può starci in 15.000. E, in secondo luogo, un testo privo di interruzioni diventa difficile da leggere e comprendere. Quando chiudiamo un paragrafo, andiamo a capo due volte! Se cambiamo il punto di vista, mettiamo una riga vuota tra un paragrafo e l’altro! Si chiude un “episodio” ideale della nostra narrazione? Diamo aria al racconto con un doppio “a capo”! Questa tecnica ha la stessa funzione ed efficacia degli stacchi in un film. Aumenta la tensione, suscita interesse e rende la lettura più snella.
Ci capitano fin troppi racconti che superano i 20.000 caratteri, presentati come un unico blocco di testo. Se anche avessero elementi notevoli al loro interno, la lettura risulta talmente difficoltosa e sgradevole che in pochi ci arriveranno. Specialmente se chi legge ha il compito di valutare numerose opere.

Niente scrittura sperimentale, grazie
Non cerchiamo di stupire chi deve valutare il nostro racconto. Evitiamo costruzioni improbabili o inedite, cerchiamo di non narrare di associazioni sensoriali impossibili. Restiamo su un tracciato conosciuto: soggetto, predicato, complemento. Senza digressioni volte a sconvolgere le regole del linguaggio. Non vengono apprezzate. Perché non vengono capite. Eh, sì… il mondo editoriale non ama gli sperimentatori: è fatto di gente incolta e paurosa, che vuole restare su strade conosciute. Come mai? Perché in tal modo può assicurarsi il maggior numero di lettori possibile e non limitarsi a una cerchia ristretta di eletti. Una cerchia ristretta di lettori (per quanto eletti) è Il Male per una rivista che mira a vendere. E di sicuro vendere poco – e quindi essere letto da poche persone – non fa bene a un autore esordiente che aspiri a crescere.
Con oltre 120 racconti valutati, Altrisogni non ha ancora selezionato nessun componimento scritto in modo sperimentale o innovativo. Come mai? Perché spesso questo stile che cerca di scardinare le regole della scrittura risulta raffazzonato, mostra lacune e, quasi sempre, non è supportato da una storia solida. L’effetto complessivo è quello di racconti che sembrano (strane) scatole vuote.
Se mirate alla sperimentazione lessicale, non inviate il vostro racconto ad Altrisogni.

Non finiremo mai
Non si possono riunire in un unico articolo tutti i problemi e gli errori da evitare. Quello che possiamo fare è consigliare agli aspiranti autori di documentarsi, leggere, studiare e fare i compiti. Manuali e corsi di scrittura – se fatti bene – sono molto importanti. In Rete, poi, esistono molti articoli dedicati ai tanti problemi e agli errori tipici degli scrittori dilettanti. Informiamoci, consultiamoli, leggiamo! Partiamo dal presupposto che la nostra opera può ancora essere migliorata: probabilmente è vero. E, soprattutto, andiamo attivamente a caccia dei nostri difetti come autori e cerchiamo di debellarli! Possiamo trovare un interessante spunto su come gestire la nostra opera nelle pagine di Ozoz, oppure possiamo leggere i 10 errori da evitare per vincere i concorsi letterari, a opera di Daniele Bonfanti. L’importante è limitare la nostra presunzione al “giusto”, senza credere di poter ignorare regole linguistiche o di costruzione solo perché “tanto noi non ne abbiamo bisogno”.
 Un’ultima cosa. Prima di spedire, facciamo un altro controllo ortografico. Non si sa mai. 
Se poi vogliamo anche sapere quali ingredienti non possono mancare a un racconto horror, di fantascienza o weird, allora diamo un’occhiata alla prima parte dell’articolo tecnico Racconto di genere pubblicato sul numero 2 di Altrisogni. La seconda parte sarà presente sull’imminente numero 3.
Di cosa parleremo la prossima volta? Di un illustre sconosciuto: la sinossi del racconto.

10 commenti:

  1. Bell'immagine, rende molto bene l'idea.

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  2. Grazie. A volte non c'è pietà. Certe volte la pietà sarebbe la cosa peggiore: solo prendendo porte in faccia si cresce. Mai farsi leggere i racconti da amici e parenti e basarsi SOLO sui loro feedback: ci vogliono bene, quindi difficilmente diranno qualcosa che potrebbe ferirci. A volte serve la spietatezza di un Cesare.

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  3. ah beh, questo è poco ma sicuro. Ma al giorno d'oggi, come è ribadito nel post, i giovani leggono poco e troppo si basano sulle fictions, sui fumetti e tutte quelle cose terribili che hanno il valore delle farse latine, pure peggiori. Sempre le stesse immagini, sempre gli stessi nomi, sempre le stesse battute stereotipate del cavolo. Leggessero autori grandissimi come Tolstoj, Hesse, Hugo ecc, ne rimarebbero estasiati e comprenderebbero la miseria dei loro racconti alla harmony. Chiunque per passatempo può scrivere ciò che più gli piace ma almeno si astenga dall'inviare cose banali e, ancora più grave, impregnate di errori- orrori grammaticali e di sintassi. La bellezza di un racconti sta nella trama ma penso che stia innanzitutto da come sono espressi i pensieri e i messaggi di un testo. Per questo servono i Cesari.

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  4. I grandi sono grandi. Per fortuna noi non aspiriamo a fare letteratura, ma solo narrativa di intrattenimento. Tuttavia Altrisogni si propone come vetrina per autori ma anche come palestra. Ci sembrava importante ribadire l'importanza dei fondamentali. Poi, per carità, noi non abbiamo nulla contro le fiction commerciali, anzi! Riteniamo che si possa scrivere e aspirare a far pubblicare qualunque cosa, a patto che sia scritta bene.

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  5. Ottimo articolo.
    Ovviamente, per esigenze di spazio, non poteva coprire tutto lo "sibile degli errori" umani. Ma penso che quelli segnalati siano i principali errori commessi dagli autori esordienti (categoria di cui faccio parte).
    Però, nella mia (brevissima) esperienza, ho trovato che due pecche su tutte sono "inamovibili": 1)si legge poco; 2) si è presuntuosi. Gli autori esordienti, nel migliore dei casi, si limitano ai grandi classici che consigliano a scuola. E basta. 2) Non accettano critiche e considerano il testo un'opera di indibbua magnificenza partorita da un altro universo: l'ispirazione.
    Fortunatamente, ci sono anche quelli con un po' di sale in zucca. Se non ce ne fossero, d'altrone, le pagine di Altrisogni sarebbero bianche... eh eh!
    Ciao ragazzi!
    Diego.

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  6. Articolo molto bello. Lo segnalo su Il cielo nel libro, col vostro permesso.

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  7. Consigli interessanti, ma mi pare che la maggior parte di essi sia in qualche modo fuori tema: rifiutare un racconto per refusi o per errori grammaticali, per la mancanza di "d" eufoniche? Per i puntini di sospensione? Ma non ci sono gli editor per questo?
    Anche la questione dei nomi mi sembra un po' pretestuosa... (ho usato i punti di sospensione! :D ) soprattutto nel fantasy è facilissimo credere di aver creato un nome "esotico" e poi scoprire che è una parola comune in un'altra lingua.
    L'articolo mi lascia perplesso, mi da l'idea che ci si basi molto sulla forma e poco sulla sostanza e, per quanto l'intenzione mi sembri buona, trovo leggermente contraddittoria la parte relativa alla scuola. Serve solo in parte o è necessaria ma non basta?

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  8. Ciao Tyreal, grazie del commento. Gli editor ci sono e lavorano. Nessun racconto buono viene scartato per "d" eufoniche o puntini di sospensione.
    Forse la seconda frase non si dimostra abbastanza incisiva: "Spediamo lettere di rifiuto ogni volta che un racconto di per sé mediocre è anche piagato da errori banali."
    Se un racconto notevole ha questi errori, lo selezioniamo, facciamo editing chiedendo modifiche all'autore, lo correggiamo, lo rispediamo per approvazione e lo mandiamo in pagina.
    La sostanza, la qualità, vengono premiate. E l'autore percepisce un compenso.
    Quanto elencato sono gli errori più comuni nei racconti che riceviamo, in special modo in quelli che non ce la fanno.
    Un chiarimento sui generi: non trattiamo fantasy.
    La scuola serve, è necessaria, ma non basta.
    Grazie mille per il tuo commento

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  9. Che dire. Un Post ben fatto.
    Le critiche sono l'unico metodo che consentono la crescita di un individuo. Questo in qualunque settore e, soprattuto, in quello letterario.
    L'asprezza del giudizio datomi per la prima volta è stata l'origine di una autovalutazione profonda. "Sbattere il naso" è stato di grande aiuto e l'inizio della mia "Riforma" che, a tutt'oggi, caratterizza la mia volontà delle ricerca di critica.

    Solo gli stolti rimangono fissi sulle loro visioni non cedendo alle osservazioni altrui. "Io son io" disse Alberto Sordi, riportando una celebre frase. E parecchi sono convinti che il problema sia in chi critica e non in quello che loro stessi fanno.

    Rimango speranzoso sul futuro del panorama letterario italiano attualmente penoso. Troppe storie prive di fantasia e legate alla deprimente realtà del "cortile di casa" o superficiali storie sessuali spacciate per cultura. Putroppo i giovani scrittori si rifanno a storie (che al tempo erano originali ma poi diventate obsolete)di una cultura d'Oltreoceano basata su studi di scrittura creativa e fantastica che qui manco ci sognamo. Nel frattempo la testa delle classifiche di vendita di libri è segnata da ricettari (pure banali direi) che di istruttivo hanno ben poco.
    Ai posteri l'ardua sentenza.
    Saluti

    Alessandro Tesio

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  10. Grazie Alessandro per il tuo commento. La flessibilità, l'apertura mentale, la capacità di prendere in considerazione ciò che gli altri ci dicono - anche quando è una critica negativa - ci permette sempre di crescere, sia artisticamente sia umanamente. Come dici tu "solo gli stolti rimangono fissi sulle loro visioni".
    Certo, bisogna anche avere la forza e il coraggio di difendere la propria opera... però quando è realmente difendibile, e non per "amore incondizionato" nei confronti del prodotto del proprio ingegno.

    Ad ogni modo, anche noi siamo speranzosi e positivi nei confronti del panorama letterario italiano, specie quello legato al fantastico. Le idee valide spesso ci sono, le capacità anche. Bisogna solo ("solo") saperle incanalare al meglio e - soprattutto - gestirle con grande professionalità.

    A rileggerci su questo blog.

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